Quando arrivai per la prima volta a Bosa, guardai con una leggera invidia i suoi abitanti, che avevano il privilegio di vivere accanto a quel mare meraviglioso. Scrutai con curiosità le finestre delle case colorate, cercando di immaginare la vita dietro quelle mura, mangiai nei ristoranti turistici, convinta che quella fosse la vera cucina italiana. Ora, dopo quasi un anno qui, sorrido quando i turisti mi fotografano mentre stendo il bucato. In realtà, un po' li invidio, perché per loro tutto è nuovo, insolito e incredibilmente bello.
Bosa, con i suoi 8.000 abitanti, vanta una storia ben più antica della mia città natale, San Pietroburgo, con i suoi cinque milioni di residenti.
L’area di Bosa fu abitata fin dai tempi preistorici. Come tutta la Sardegna, conobbe l’influenza di numerosi popoli e civiltà. Nel Medioevo, per la sua posizione strategica, subì ripetuti attacchi da parte degli Arabi. Nel 1073 iniziò la costruzione dell'antica chiesa dedicata a San Pietro. Nel 1307 venne edificato il Castello dei Malaspina, che ancora oggi domina la città. La sua imponenza affascina e attira i visitatori. Ricordo bene il giorno in cui, sotto il sole cocente, mi arrampicai sulla collina sperando di trovare, se non un principe, almeno qualche tesoro culturale. Purtroppo, fui colta da una delusione: del castello rimasero solo le mura, una cappella interna e un biglietto d'ingresso a pagamento. Ma di questo parlerò più avanti.
Un’altra meraviglia della città è il fiume Temo, l'unico navigabile della Sardegna, anche se per un breve tratto. Più a monte, una diga interrompe il corso d'acqua, ed è lì che amo andare in bicicletta, sognando una casa circondata da alberi di mandarini e albicocchi.
Dopo la costruzione del castello, le case iniziarono a sorgere ai suoi piedi, dando vita al centro storico. È uno dei luoghi più particolari che abbia mai visto. Amo passeggiare per le sue strette viuzze, senza preoccuparmi dei nomi delle strade, ma solo del colore delle case. Sognavo di abitare in una di esse, ma poi scoprii che molte di queste abitazioni misuravano appena tre metri per tre, con cinque piani: ingresso al piano terra, bagno al primo, soggiorno al secondo, camera da letto al terzo e cucina all’ultimo piano. Uno spazio ristretto e poco pratico. Inoltre, il segnale del cellulare è scarso e parcheggiare l’auto significa lasciarla a due chilometri di distanza. Così, rinunciai all’idea di trasferirmi nel centro storico.
Fui sorpresa nello scoprire che in una città così piccola si contano ben dieci chiese. Alcune non sono più attive, altre vengono aperte solo per i matrimoni. I sardi, come molti italiani, sono molto religiosi, ma fare il segno della croce ogni volta che si passa davanti a un crocifisso, anche mentre si guida in strade strette e trafficate, mi sembra un po’ eccessivo.
Sull’altra sponda del fiume si trovano le antiche concerie, risalenti all’epoca romana, dichiarate monumento nazionale nel 1987. Tuttavia, a metà del XIX secolo, l’industria della pelle di Bosa entrò in declino. L’ultimo proprietario di una conceria lasciò ai suoi discendenti una preziosa eredità. Qualche anno fa, i pronipoti aprirono un cinema e un museo del cinema in una delle vecchie concerie, ma ben presto dovettero chiudere. I bosani, infatti, non frequentavano il cinema e ora percorrono 70 km per vedere un film, lamentandosi della distanza…
A Bosa ci sono tantissimi bar, ma non si va lì per bere. Dalle sei del mattino, si può gustare un delizioso cappuccino accompagnato da un pasticcino appena sfornato. Qui si leggono i giornali gratuitamente e si chiacchiera delle novità cittadine, tutto per soli due euro. Nei bar non si servono pasti completi, ma solo snack e panini caldi.
La vita culturale della città si anima solo in estate, con l’arrivo dei turisti. La sera, la musica riempie i locali e la gente si rilassa dopo il caldo della giornata, sorseggiando un Aperol o un Campari. Nei prossimi articoli vi racconterò cosa fare e dove andare a Bosa.